8 MARZO: LE DONNE DEI SETTORI FOOD E HOSPITALITY FANNO IL GIRO DEL MONDO

Attiviste, imprenditrici, chef: da New York al Ruanda donne che non devono (sempre) dimostrarlo

 

Buona pace all’8 marzo, quel giorno dell’anno in cui tutti devono ricordare cosa voglia dire essere donna, l’8 marzo dei tempi moderni è tante cose – assume molti significati – e spesso divide posizioni ancestralmente radicate. L’8 marzo è il momento stigmatizzato in cui si celebrano le battaglie vinte e si ricorda che la strada da fare è molta, soprattutto per una seria e opportuna parità anche e non solo lavorativa. Il mondo del food e dell’hospitality non fa eccezioni, terreno storicamente presidiato da un numero esiguo di donne, per tanti fattori: condizioni di lavoro faticose, turni massacranti, politiche di integrazione poco favorevoli. Per questo motivo, in occasione della celebre festa che è comunque momento di riflessione, vogliamo condividere alcuni profili di donne che portano avanti un discorso di integrazione, attivismo e inclusione da diversi punti di vista e con diverse esperienze.

La biografia di questa giovane ragazza cino-americana parla chiaro: “Amanda è una brand strategist con sede a New York, esperta di viaggi, community builder e change-maker impegnata ad aiutare il settore dei viaggi, del turismo e dell’ospitalità a diventare una forza per la rigenerazione e la guarigione di territori depressi.” Prima di co-fondare Regenerative Travel, Amanda ha lavorato nel mondo dell’editoria multimediale affinando la sua arte di narratrice ed è stata producer per marchi di ospitalità di lusso, mantenendo sempre la sua passione per la sostenibilità. Regenerative Travel è il suo goal personale: una piattaforma globale dove domanda e offerta si incontrano sotto la spinta di un turismo che non vuole solo essere sostenibile, ma rigenerativo. Regenerative Travel è formato quasi esclusivamente da un team femminile e crede che il settore del turismo possa avere un impatto anche positivo nei luoghi in cui avviene, aumentando il valore fornito agli ospiti e a rigenerando attivamente le comunità e gli ecosistemi di cui fanno parte.

Non a caso tra i ristoranti più hype di New York (ora tre dislocati nel Greenwich Village, Chelsea e Soho) c’è alla base il matriarcato gastronomico di Maya Jankelowitz, imprenditrice attenta e lungimirante, paladina dei social, autrice di libri e trend setter. La trovate ogni giorno dietro il suo Jack’s Wife Freda, il ristorante che prima di molti altri ha abbattuto i confini culturali in cucina, combinando il background di Maya e di suo marito (rispettivamente Israele e Sud Africa) e le proprie storie familiari per creare nuovi sapori e un modello di ospitalità replicato poi ovunque. Accogliente, inclusiva, Maya prima di altri ha intuito le possibilità di un format che ora è legge quasi ovunque: piatti prettamente vegetali, da condividere insieme ad amici, famiglia ed estranei seduti allo stesso tavolo

Una vita contesa tra moda e cibo, un senso estetico e verso il bello che è naturalmente presente nel DNA di questa giovane donna che proviene dalla Cina e che ha trovato la propria casa in Italia, a Firenze. Classe 1993, Xin Ge arriva nel Belpaese inseguendo il sogno della moda, frequentando un corso di Fashion Design al Polimoda del capoluogo toscano. Poi si avvicina alla cucina, anzi la attrae e la ricodifica nella propria vita, portando avanti un discorso gastronomico che parla delle ricette del suo paese ma con una tensione sartoriale che tende alla perfezione sia gustativa che estetica. Lei, donna eterea e armoniosa, al tempo stesso stravagante e con un gusto tutto particolare, traduce il suo stile in piatti che sono la quintaessenza di uno stile che non appartiene a tutti. Come per la moda, Xin Ge crede che anche nel cibo ci sia bisogno di unire culture e visioni, ibridare gusti e tendenze e avvicinare culture che sembrano solo poi così lontane. 

La prima donna come general manager del resort cinque stelle Singita’s Kwitonda Lodge, nello stato africano del Ruanda, e una delle fondatrici del Women’s Enpowerment Retreat, organizzato da Roar Africa, associazione africana prettamente femminile con la missione di creare viaggi esperienziali in Africa, quanto sostenere e aiutare l’emancipazione delle donne nell’industria dei safari. Lydia è mentore ed esempio per le donne africane, attivamente impegnata nell’aiutare le aree rurali della sua terra e le sue popolazioni a raggiungere condizioni di vita decorose e sostenibili. È riuscita a fondere la sua passione per il turismo sostenibile con un discorso di enpowerment femminile non del tutto scontato in zone come quelle africane.

Gaia Trussardi ha un cognome importante, che richiama subito la famosa casa di moda italiana per la quale lei stessa ha ricoperto il ruolo di direttrice creativa. Fino al 2018, anno zero della sua nuova vita, impegnata in progetti che con la moda c’entrano poco e niente. Gaia è sempre stata attiva sul tema dell’inclusività sociale e da anni collaboratrice della Croce Rossa Italiana di Bresso, tanto da lanciare lo scorso giugno 2022 Marcel Boum, aperto con lo chef Cesare Battisti del Ratanà. Un progetto colto e di natura sociale che mette al centro la cucina, mezzo che – secondo Gaia – avvicina culture e visioni, creando nuove forme di inclusione. Non solo street food africano, da Marcel Boum è la cucina stessa a essere veicolo di integrazione sociale e culturale, grazie alla collaborazione con il centro accoglienza della Croce Rossa di Bresso: un modello imprenditoriale replicabile che possa accogliere e coinvolgere i richiedenti asilo, accompagnandoli in un percorso di integrazione e dando loro strumenti concreti per la professionalizzazione e l’indipendenza economica. 

Come HOSPES ricordiamo anche le numerose figure femminili tra i Soci, presenti ed operative nella nostra realtà. Senza di voi HOSPES non sarebbe quello che è. Grazie

Businesswoman in group meeting discussion with other businesswomen colleagues in modern workplace office with laptop computer and documents on table. People corporate business working team concept.

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