Caffè dell’Amicizia di Antonio Dal Farra

Ho chiesto ad Antonio Dal Farra, nostro Socio Senior, se fosse disponibile per un’intervista per il nostro Caffè dell’Amicizia. Mi ha risposto un po’ incerto…Antonio è una persona discreta, affabile e molto riservata. Gli ho spiegato che non gli avrei fatto domande troppo personali e che non l’avrei messo in difficoltà. Mi ha detto “Lasciami riflettere un momento. Sono ancora all’Equatore e ho bisogno di atterrare!” Dentro di me sapevo che in buona sostanza mi stava dicendo di sì; quella risposta un po’ enigmatica mi ha fatto capire che avevo chiesto alla persona giusta…continuate a leggere e capirete il perché…

All’età di sei/sette anni ho incominciato a muovere i primi passi in un mondo dove mi sono trovato subito a mio agio. Parlo della trattoria del paese di mamma e papà: la Trattoria del Caco, a Coarezza, nel Varesotto, un piccolo borgo sulle rive del fiume Ticino, in prossimità del Lago Maggiore. Con lo stupore di un bambino osservavo i miei genitori: si davano da fare per mettere a proprio agio i clienti che venivano ad assaporare i pochi semplici e genuini piatti che preparavano. I primi pescatori del Milanese telefonavano per farsi cucinare il minestrone freddo di papà e le lasagne di mamma per il sabato o la domenica. Ammiravo questo modo di stare in mezzo alle persone, sempre con il sorriso, divertendosi oltre a lavorare. Vedevo i sacrifici che facevano i miei genitori, ma vedevo anche che venivano ripagati dallo star bene e dalla soddisfazione dei clienti, del tempo che trascorrevano in “casa” nostra. Crescendo in questo quadretto famigliare, anche io non ho potuto fare a meno di lasciarmi “contagiare” dal loro atteggiamento. Ho capito che accogliere le persone in “casa” propria era un gesto molto intimo, che i clienti scegliendo di essere nostri ospiti ci accordavano la loro fiducia più totale e che quindi prendersi cura di loro era il modo naturale di ricambiare questo sentimento. Compiuti 10 anni, mio papà muore e mia mamma, che lavorava anche in fabbrica, da sola non ce la fa a portare avanti anche il lavoro in trattoria. L’unica soluzione è stata vendere l’attività.

Non ho mai dimenticato quel periodo così bello della mia infanzia e mamma lo sapeva. Terminate le scuole medie, mi ha lasciato la libertà di scegliere la mia strada, ben sapendo quanto mi piacesse l’idea di tornare nel mondo della ristorazione. Sapeva anche che avrebbe dovuto lasciarmi libero di andare perché in quei tempi il mestiere di sala ti portava lontano, a fare le “stagioni”. E’ stata semplicemente “grande”: mi ha accompagnato lei alla Scuola di Stresa, dal prof. Albano Mainardi. Il Direttore (non si chiamava Preside allora), mi aveva visto “mingherlino” ed era preoccupato perché al termine della scuola, che durava solo 2 anni all’epoca, sarei stato ancora troppo giovane e fragile per poter andare a lavorare. Allora mi aveva consigliato di iscrivermi ad un liceo linguistico, dopo il quale mi avrebbe sicuramente accettato fra i suoi allievi. Due anni di assenze dopo, ho lasciato il liceo: invece di frequentare, andavo a lavorare nei ristoranti, non era proprio cosa il liceo…Ho di nuovo bussato alle porte della Scuola di Stresa e – finalmente – mi hanno aperto: correva l’anno 1973 e cominciava ufficialmente il mio percorso verso quel mestiere che ancora oggi è la mia più grande passione.

A Scuola, sotto lo sguardo attento del Direttore Albano Mainardi (ci conosceva tutti per nome e non gli sfuggiva mai nulla! Severo, ma giusto!) ho avuto la fortuna di incontrare dei docenti, che oltre a trasmettermi le competenze lavorative, sono stati veri e propri “insegnanti di vita”: i proff. Alberto Gozzi, Franco Filippini, Giovanni Rottoli, Gianni Mezzetti. Durante il periodo estivo, mi portavano con loro all’Hotel Royal di La Baule, in Francia, sulla costa atlantica, per lavorare. Solo chi è stato al Royal in quel periodo può capire di cosa sto parlando: quell’aria magica che si respirava all’interno dell’Hotel! Il prof. Gozzi come un abile ideatore di puzzle, aveva messo insieme la sua brigata di sala, con l’aiuto del prof. Filippini, che fungeva da collante e con il prof. Rottoli, il pezzo che cercavi sempre e che non trovavi mai! Quel pezzo fondamentale, senza il quale il quadro non era mai completo. Non ero solo io come studente della scuola; ce n’erano altri e insieme portavamo lo stile della Scuola di Stresa anche in Francia! Anche lì sono arrivate le “positive vibes” del Lago Maggiore e la magia del “Non Perder l’Ora”, insieme ai nostri sorrisi e al nostro essere professionisti, con semplicità e dedizione verso i nostri Ospiti. L’incantesimo è durato tre anni e, in chiunque abbia vissuto questa esperienza, sono state scritte pagine e pagine di ricordi indelebili; le amicizie nate in quei tempi sono salde ancora oggi.

Dopo La Scuola di Stresa e La Baule non ho mai smesso di lavorare! Dopo la Francia, c’è stata l’Inghilterra, la Scozia, la Svizzera, l’Australia e poi ancora l’Italia.

E’ il 1981 e il prof. Gozzi mi presenta a Gualtiero Marchesi. La nostra collaborazione è durata un quarto di secolo: ho cominciato come Chef de rang, quando lui aveva ancora solo 2 stelle Michelin, ho finito tre stelle Michelin dopo, come Maitre di sala. Marchesi per tutti era il “Maestro”; per me è stato anche papà, fratello, amico; abbiamo gioito e pianto insieme, lavorato, collaborato, sbagliato, indovinato, fatto tutto quello che per 25 anni fanno due persone che “viaggiano” insieme. Quante confidenze, lontano da TV e giornalisti, rimaste solo nostre! Due anni dopo aver conseguito la terza stella, ho sentito il bisogno di nuove Alte Mete: “sedotto” da un cliente del Ristorante, ho colto l’occasione per gestire un locale tutto mio: lo Stendhal in Brera. Quasi tutte le sere, Marchesi con sua moglie Antonietta, dopo aver chiuso in Bonvesin, venivano da me, a mangiare due fette di Culatello o un’insalatona e, alla fine, tornavamo a casa insieme. La separazione è durata poco: ci mancavamo troppo, l’un l’altro. Il nostro era un rapporto molto bello, fatto anche di piccole complicità come il tifo per la stessa squadra – l’Inter – e il fatto che prima di diventare Chef, anche lui aveva studiato sala, a Losanna. Terminata l’esperienza da “solista”, sono tornato quindi dal Maestro Gualtiero. Alloggiavo a 500mt dal ristorante e a fine servizio tornavo a casa a piedi. Lui mi accompagnava, poi io accompagnavo lui, di nuovo lui accompagnava me e…così via! Per ore, la notte camminavamo per Milano e vi assicuro che in quei momenti era “pura scuola”.

Dopo la terza stella, la TV era in pianta stabile al passe della cucina. Noi di sala entravamo prestissimo al mattino; il ristorante si trovava a -1 e c’erano due minuscole finestre su un giardinetto: a volte, soprattutto d’inverno, si entrava che era buio e si usciva sempre con il buio. Ricordo settimane vissute senza vedere la luce del sole. Tuttavia l’ambiente era bello e ci si divertiva anche molto; per mantenere l’atmosfera e tenere unito il personale ho dovuto inventarmi le cose più strane: sapeste gli scherzi che ho architettato! Sempre però con lo scopo finale di farsi una risata tutti insieme! In questo modo il tempo volava, non sentivamo il peso della stanchezza ed eravamo sempre pronti ad accogliere gli ospiti con un sorriso. Ma voglio fare un passo indietro perché voglio raccontarvi un episodio a me caro. Bonvesin de la Riva aveva ancora solo due stelle; in cucina, erano gli anni dei giovani allievi Cracco, Oldani, Gariboldi, Knam; in sala Giuseppe Vaccarini, oltre che maitre, era campione del mondo di Sommellerie. Un giorno Gualtiero Marchesi mi si avvicina e mi dice: - “Hai sentito che Giuseppe (Vaccarini) ci lascia? E adesso chi prende in mano la sala! Chi troviamo come maitre? Io ne ho in mente uno, ma non so se lui se la sente!”. Io ho risposto che poteva provare a telefonargli e a chiederglielo. Lui mi guarda serio e poi mi dice. – “Antonio, io pensavo a te! Vuoi fare tu il maitre?” Ho lasciato che il silenzio mi aiutasse a trovare la risposta giusta, poi semplicemente gli ho chiesto se si fidasse di me. Al suo “Si!” ho risposto che avrei messo tutto l’impegno di cui ero capace e che non l’avrei mai deluso! Ci siamo abbracciati lì, davanti al personale e da lì è cominciata la mia esperienza da Responsabile del servizio di sala; due anni dopo il riconoscimento delle 3 stelle Michelin, primo ristorante in Italia con questo onore! E io ne ero il Maitre!

Mi sono soffermato molto sull’esperienza vissuta con Gualtiero Marchesi, ma riflettendo su tutti gli anni trascorsi nella ristorazione posso dire con assoluta certezza che sono stato estremamente fortunato! Ogni mia esperienza, lunga o corta, estera o italiana ha scritto in me pagine di emozioni, ricordi, insegnamenti. Pensando all’Italia, non posso non ricordare il periodo trascorso a Pescasseroli, al Grand Hotel Del Parco, oppure al Grand Hotel des Iles Borromées a Stresa, all’Isola Bella, sempre a Stresa, a servizio del Principe Borromeo e in ultimo, ma solo in termini di tempo, al Castello Dal Pozzo – da Aimone Dal Pozzo - una dimora secolare immersa nel verde, a due passi dal Lago Maggiore, dove tutto gira intorno al senso più profondo dell’Ospitalità.

 

“Fai un lavoro che ti piace e non lavorerai un giorno” – Confucio

…ed è vero! Adoro questo lavoro e mi diverte farlo! Mi ha regalato un sacco di soddisfazioni, mi ha fatto incontrare un sacco di persone, ogni giorno ho fatto qualcosa di diverso; ho viaggiato e scoperto nuove culture, parlato molte lingue, ma soprattutto, insieme ai colleghi di brigata ho imparato a creare sempre quell’atmosfera magica, che assaporavo incantato mentre guardavo papà e mamma alla Trattoria del Caco, che fa sentire i clienti come Ospiti, a loro agio, come nell’intimità di casa propria, ma coccolati e soddisfatti in desideri che neanche loro sapevano di avere.

Se dovessi dare dei consigli a giovani di oggi che incominciano questo percorso direi queste cose:

-              il nostro “datore di lavoro” è il cliente!

-              Affronta i sacrifici con determinazione, cercando di divertirti mentre lavori!

-              La passione non deve mancare mai!

-              Sorridi sempre e comunque! Usa l’umorismo!

-              Sii paziente e impara ad ascoltare prima di parlare.

-              Sii umile e dedica il tuo tempo a creare una squadra vincente.

-              Sii sempre te stesso e non venderti mai!

-              Non farti abbagliare dai guadagni facili, non perdere di vista i valori veri della vita.

-              A fine giornata, fai che la tua brigata possa salire in camera a riposare prima di te.

Ancora oggi lavoro seguendo i tre grandi insegnamenti ricevuti dai miei genitori – lavora divertendoti – dalla Scuola di Stresa – Non perder l’ora! – da Gualtiero Marchesi – l’esempio è la più alta forma di insegnamento!

Antonio si è raccontato “tutto in un fiato”. Non ho potuto fare altro che ascoltare. Ma qualcosa mi diceva che non era ancora tutto, che eravamo…ancora all’Equatore. Perciò dopo un attimo di silenzio e un bicchiere di acqua fresca, gli chiedo:

 - “E adesso?”

Ho ancora un grande desiderio: mi piacerebbe poter lavorare con una brigata di sala, composta anche da membri “diversamente abili”. Ritengo che il nostro mestiere sia ancora troppo poco “inclusivo” e che le persone neuroatipiche possano arricchire l’esperienza degli Ospiti e anche dei colleghi.

Altra pausa, poi…

-              “Lo so cosa stai pensando…e so che aspetti che io ti racconti di un altro sogno, che però ho realizzato…” e riprende il suo racconto…

Ascoltando sempre il bambino che c’è in me, che non è cresciuto, che sempre mi accompagna, spinto dal suo entusiasmo, da qualche tempo…volo in Kenya, in piena Savana, dal mio amico Simone. L’idea di partire per l’Africa mi è venuta perché ad un certo punto ho deciso che dovevo CAPIRE! Capire perché…ma dopo un po’ ho capito che non c’era niente da CAPIRE, ma solo semplicemente VIVERE nella semplicità, come loro…e solo così ho CAPITO.

Non ho voluto cambiare una virgola di questo passaggio, perché non è possibile farlo senza stravolgere i concetti originali.

Sono partito per insegnare ed ogni volta che sono tornato, invece, avevo imparato io qualcosa. L’Africa mi ha insegnato che nella vita a volte si vince, a volte si impara – non si perde mai! Se vivi fino in fondo ogni situazione, anche quelle più negative, hai sempre da guadagnare perché l’esperienza ti avrà sicuramente insegnato qualcosa. La vita è la più grande Maestra, che non va mai in pensione, se tu non smetti di chiederle di insegnarti.

Lasciami dire ancora una cosa…l’ultima, ma non per importanza…anzi: il ringraziamento più grande va a mia moglie Jill, che mi è sempre stata vicina. E’ sempre stata al mio fianco, in ogni tappa della mia carriera e vita. Anche adesso, il suo Spirito non mi abbandona, mi sostiene e mi accompagna con tanta gioia nella grande avventura africana. Ed è grazie ad un suo desiderio che ho costruito un pozzo laggiù nella Savana! Per dar da bere ai bambini! Quelli veri! Quelli che hanno davvero sete e fame! Che dovevano fare kilometri a piedi con le giare sulla testa per un po’ di acqua potabile! Ed è per questo che oggi cerco “bambini” come me, che vogliono aiutarmi ad aiutare, perché la piccola comunità che vive intorno al pozzo, possa raggiungere l’autonomia e gestire in maniera libera le proprie risorse.

Al fianco di ogni Grande Uomo (in altezza) c’è sempre una Grande Donna (in saggezza). Antonio Dal Farra

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