Un giorno per ricordare e mai dimenticare
27 gennaio 1945: il giorno in cui il mondo conobbe Auschwitz e la crudele realtà nascosta dai Nazisti. È nel 1942 che, con la conferenza di Wannsee, i gerarchi del Regime Nazista decidono come applicare ‘la soluzione finale della questione ebraica’, creando così il sistema complesso di campi di lavoro e sterminio. Sono molti gli scrittori tedeschi e non solo, che da testimoni diretti o indiretti hanno scritto della terribile ferita che la Shoah ha lasciato dentro di loro. Sicuramente possiamo leggerlo in Paul Celan, deportato in un campo di lavoro e unico sopravvissuto della sua famiglia, che nella sua poesia ‘fuga della morte’ ricorda tutti coloro che hanno sofferto e sono morti, con le loro tombe nell’aria, perché non hanno potuto mai ricevere una degna sepoltura, ridotti in cenere, sono volati via nell’aria del mattino. Poi Amery, salvato proprio da Auschwitz, che attraverso la sua scrittura tenterà per tutta la vita di scordare la sofferenza che era stato costretto a vivere, non potendosi più rifugiare nella sua patria, che lo aveva tradito nel peggiore dei modi. Coloro che il Nazismo non è riuscito ad uccidere nei campi lo ha fatto nell’anima, perché la cifra di Auschwitz vi sarà per sempre inscritta. Lo scopo di questa giornata è quello di testimoniare per tutte le persone che hanno perso la vita a causa del Regime Nazista e della sua macchina di distruzione e morte, perché è importante salvare dall’oblio voci, ricordi e storie. Soprattutto in un momento della storia come il nostro, in cui ormai i testimoni diretti della Shoah sono sempre meno, è importante ricordare e far capire come quel ‘mai più’ deve essere veramente un mai più.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.”
(Primo Levi)
