La Realtà parallela – SoWineSoFood
Cari Soci ed Amici di Hospes,
Vi proponiamo l'Editoriale del Magazine SoWineSoFood del noto giornalista e direttore della rivista Alberto Schieppati.
Editoriale. Aprire un ristorante, a propria immagine e somiglianza, è il sogno di tanti. Se pensiamo che, solo a Milano, tra il 2016 e il 2020 (quindi, prima della pandemia), hanno inaugurato l’attività almeno 500 nuove insegne, comprendiamo bene di cosa stiamo parlando. Poi, nell’ultimo biennio, alle aperture sono seguite le chiusure, per cessata attività o per carenza di personale o perché qualche finanziatore ha “chiuso i rubinetti”.
O, perché, magari, la formula era inadeguata alla domanda del mercato. O i costi superavano di gran lunga i ricavi.
Eppure, il fascino del ristorante -soprattutto di fine dining- ammalia ancora molti chef, convinti del proprio valore e, talvolta un po’ presuntuosamente, della certezza del successo. Allora, a questo punto, sorge spontanea una domanda: è sufficiente essere bravi per vincere le sfide? Ovviamente no, non basta.
A prescindere dal fatto che “essere bravi” sottintende diverse sfaccettature, la mia impressione è che si diano troppe cose per scontate. In molti casi, chi vuole fare impresa in questo settore sottovaluta le difficoltà presenti nel mercato. O, peggio, è convinto che con il denaro si risolva tutto. Nulla di più illusorio. Il successo di un’attività deriva da molti fattori: primo fra tutti metterei l’empatia, valore al quale abbiamo recentemente dedicato molta attenzione.
Empatia fra i soci, empatia con il mercato, empatia con i clienti, empatia con il personale. Ma anche empatia con la materia prima e gli ingredienti di cucina, che sono fra gli attori della scena. Dunque, accanto a ragionevolezza, passione, precisione, visione, metterei proprio l’empatia tra i valori fondamentali.
Un’importanza che va di pari passo con altri aspetti, essenziali prima di buttarsi in questo “sogno”, ovvero: fattibilità, conto economico, food cost, analisi dei flussi di clientela, selezione del personale. Insomma, anche il business plan dovrebbe essere “empatico” e comprendere l’insieme di svariati elementi.
Da questo mix di talento, passione, tenacia, investimenti, unito a professionalità e possibilmente esperienza, può davvero realizzarsi quel sogno. A questo, aggiungiamo la location e il posizionamento della linea di cucina (che magari non sarà mai perfetto, ma almeno ci si prova), a sua volta dettato da conoscenza delle tradizioni culinarie e visione innovativa, in un mix intelligente fra differenti aspetti. Vi sta passando la voglia? Non credo, abbiamo solo descritto alcuni step per noi fondamentali, che andrebbero seguiti perché il sogno di cui dicevamo all’inizio si possa realizzare.
In caso contrario, continueremo ad alimentare un’illusione: e al sogno aggiungeremmo un altro, sogno, creando una realtà parallela e virtuale che non porterà da nessuna parte.
Fonte: SoWineSoFood.it
